L'akita (秋田犬? akita-inu o akita-ken) è una razza giapponese di cani da lavoro utilizzati sia per la guardia che per la caccia. Viene ufficialmente chiamato semplicemente akita, in quanto "inu" e "ken" significano "cane" in giapponese. Uno studio sul DNA di 85 razze di cani appartenenti all'American Kennel Club (cinque individui per razza nella maggior parte dei casi), condotto da H.G. Parker, ha rivelato che l'akita, dopo lo shiba e il chow chow, è la razza che presenta meno differenze genetiche con il lupo grigio.
Gli antenati degli odierni akita erano cani nativi giapponesi di taglia media conosciuti con diversi nomi tra cui kurae-inu, odate-inu e soprattutto matagi-inu. Erano originari della regione più settentrionale dell'isola di Honshu, la prefettura di Akita, da cui deriva l’attuale nome della razza. Addestrati alla caccia, le loro prede erano il cinghiale, il cervo sika e l’orso tibetano. Furono utilizzati anche per la difesa della proprietà e fin dal 1603 come cani da combattimento.
Dapprima furono i cani dei cacciatori che abitavano sulle montagne e nelle campagne, poi dei samurai che accompagnarono in battaglia e successivamente dello shōgun e dei membri dell’aristocrazia giapponese, che riservarono loro appartamenti dotati di ogni comfort.
A partire dal 1868, per soddisfare la richiesta sempre maggiore di cani da combattimento, gli akita originari furono incrociati con razze più grandi provenienti da Asia ed Europa tra cui mastiff e tosa. Di conseguenza la stazza di questa razza aumentò, ma andarono perse molte delle caratteristiche dei cani di tipo spitz.
Nel 1908 la lotta fra cani fu proibita e fu allora che la razza cominciò ad essere preservata e migliorata. Il sindaco della città di Odate, nella prefettura di Akita, fondò nel 1927 la società che di lì a pochi anni sarebbe diventata l'Akita Inu Hozonkai (AKIHO), un’organizzazione nata con il fine di conservare la purezza della razza attraverso un'attenta selezione.
L’akita, riconosciuto ufficialmente come razza, diventò il cane più rappresentativo del Giappone e nel 1931 fu dichiarato monumento naturale.
Durante la seconda guerra mondiale si utilizzò la pelliccia dei cani per la produzione di abbigliamento ed equipaggiamento militare e la loro carne come cibo. In quel periodo il governo giapponese emanò un ordine di confisca ed abbattimento da cui erano esclusi solo i pastori tedeschi, usati a scopo militare. Nel tentativo di preservare la razza, alcuni akita furono spediti nei villaggi dove vennero tenuti dagli agricoltori come cani da guardia e altri furono incrociati con Pastori tedeschi per aggirare la legge. Quando la guerra terminò, il numero degli akita si era drasticamente ridotto.
Nel corso della prima manifestazione cinofila del dopoguerra vennero definite due linee di sangue: la linea pura (Ichinoseki) e la linea nata dagli incroci (Dewa). Diverse femmine appartenenti a quest’ultima linea furono vendute ai soldati americani e importate negli Stati Uniti, dove nacque l’akita americano. Questa razza aveva tratti estetici del pastore tedesco e del mastiff e non era riconosciuta come primitiva giapponese.
Gli allevatori più esperti si sforzarono di eliminare le caratteristiche derivate da ceppi stranieri incrociando gli akita più puri rimasti e ristabilendo gradualmente la razza originale, così come è conosciuta oggi.
Nel 1967, per celebrare il cinquantesimo anniversario della fondazione della società per la salvaguardia dell'akita, è stato costruito il primo museo che raccoglie manufatti, documenti e foto esclusivamente riguardanti questa razza. È tradizione in Giappone donare statue raffiguranti questi cani a neonati e infermi come augurio di buona salute e felicità. Di razza Akita era anche Hachikō, che divenne famoso in tutto il mondo per essere sempre stato devoto al padrone fino alla morte, diventando un simbolo di fedeltà nella propria nazione. (tratto da Wikipedia)
Nel parco adiacente al Palazzo Rizzini esporrà i propri esemplari di alta genealogia Adriano Radaelli dell'allevamento Hanamichi Sakuragi no Kensha (riconosciuto ENCI FCI e AKIHO), che si trova a Ospitaletto, Brescia.
Per informazioni e appuntamenti: (+39)328.7556989